Ruta40

 

 

 ”La “carretera” (strada) più lunga e spettacolare dell’Argentina è la magica “Ruta 40” (RN 40) che l’attraversa longitudinalmente per 4.885 km. Parte dalla Patagonia di Cabo Virgines km 0 (punto estremo australe del territorio continentale argentino) alla La Quiaca km 4.885 (confine con la Bolivia) della Puna di Jujuy. 
Sale sopra ai 5.000 metri sul mare, attraversa 236 ponti, tocca 13 tra grandi laghi e saline, accede a 20 riserve e parchi nazionali, attraversa 18 importanti fiumi, supera 27 passi della cordilliera andina. La RN 40, costruita nel 1935, percorre da nord a sud , tre regioni e 11 province : 
Norte: Catamarca, Tucuman, Salta e Juju
Cuyo: Mendoza, San Juan, La Rioja
Patagonia: Santa Cruz, Chubut, Rio Negro, Neuquen”

 

…..dove eravamo rimasti…..?

Ah si …Bariloche -Ushuaia : 2400 km di polvere fatica e luoghi spettacolari

Ecco appunto…Noi siamo partiti da Bariloche …..OK.. ma la magica RN 40 arriva fino a  La Quiaca…quindi?

 

 

 

Vogliamo pedalare da La Quiaca fino a Bariloche (circa 3.000 km) per completare la strada più lunga e famosa d’Argentina

e allora eccoci qui ….ci risiamo, ricomincia il conto alla rovescia!

 

Mancano alla Partenza

Partenza da Roma il 6 Dicembre 2012 alla volta di Buenos Aires, poi un volo interno per S. Salvador de Jujuy e da li in bus per circa 300 km, fino a La Quiaca, a 3.500 metri di altitudine.Saranno necessari ulteriori 2 giorni per montare l’attrezzatura e acclimatarci .

In quelle zone è necessaria una buona preparazione fisica e un altrettanto solida condizione mentale. Inoltre, sono richieste pazienza, elevata capacità di adattamento e comprensione reciproca

Bisognerà accontentarsi  delle soluzioni alloggiative che troveremo (ferma restando – nel caso in cui vi sia l’alternativa – la libertà di scelta individuale) e sopportare qualche disagio senza lamentarsene troppo.  

 

 

Principale difficoltà di questo Cicloviaggio sarà l’altitudine a cui ci toccherà pedalare sopratutto nella prima settimana 
In agguato ci sarà il Mal d’Altitudine il “Soroche

 

una testimonianza e qualche consiglio trovato in rete

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da http://www.expatclic.com

L’aumento di altitudine comporta un abbassamento di pressione barometrica e dunque un abbassamento di pressione dell’ossigeno nell’aria. Di conseguenza in altitudine la quantità di ossigeno disponibile per il nostro organismo è ridotta e si produce dunque il fenomeno dell’ipossia. Più si sale, più si è ipossici. In altri termini in altitudine non ci si “ossigena”, ed è per questo che le nostre performance fisiche sono limitate ad alta quota.

Questo fenomeno causa reazioni d’adattamento quali un accelerazione del battito cardiaco e della respirazione per aumentare la quantità di ossigeno che passa dall’aria che inspiriamo a ogni cellula del nostro corpo.

Ma questi meccanismi di compensazione possono risultare insufficienti, ed è a quel punto che si manifestano una serie di problemi che si possono raggruppare sotto il nome di Mal d’Altitudine, quadro che può diventare più marcato man mano che si raggiungono altitudini più elevate e soprattutto in casi di ascesa rapida. Molto spesso il Mal d’Altitudine è facilmente curabile, ma in altri può provocare un edema cerebrale o polmonare e condurre alla morte.

E’ dunque importante, se si sale ad alte quote, ricordarsi che bisogna considerare qualsiasi sintomo che il nostro organismo segnala come legato all’altitudine, anche se si pensa che possa essere spiegato altrimenti.

Peter Hackett è un medico che ha fatto parte della Spedizione Medica sul Monte Everest nel 1981: lui stesso arrampicatore, ha studiato ampiamente il Mal d’Altitudine e pubblicato molti lavori sul tema. Ha classificato i sintomi del Mal d’Altitudine con un sistema a punteggio che permette di distinguere i casi leggeri, moderati o gravi:

-emicrania (1 punto)
-nausea o inappetenza (1 punto)
-insonnia (1 punto)
-senso di vertigine (1 punto)
-emicrania resistente all’aspirina (2 punti)
-vomito (2 punti)
-dispnea (3 punti)
-stanchezza anomala o acuta (3 punti)
-abbassamento del volume delle urine (3 punti)

Un punteggio totale da 1 a 3 corrisponde a un Mal d’Altitudine leggero da curare con farmaci adeguati.

Un punteggio da 4 a 6 corrisponde a un Mal d’Altitudine moderato da curare con farmaci adeguati, bloccando immediatamente l’ascesa.

Un punteggio superiore a 6 corrisponde a un Mal d’Alttitudine grave che impone di scendere immediatamente a quote più basse.

Naturalmente l’ideale sarebbe poter lasciare all’organismo il tempo di acclimatarsi, e quindi salire gradualmente ad alta quota. Dato che ciò non è sempre possibile, bisogna stare molto attenti ai sintomi che il nostro organismo manifesta, per intervenire prontamente in caso ci sia bisogno di scendere di quota.

Uno dei consigli più frequenti per chi si trasferisce in località ad alta quota è di fare tutto con estrema calma durante i primi giorni. Non forzare l’organismo in prove fisiche che non è in grado di affrontare (a certe altezze persino salire di corsa su una scala ripida rappresenta una sfida non indifferente).

I primi sintomi del “soroche” (il mal d’altitudine) colgono in genere già all’arrivo: tachicardia, debolezza muscolare, respiro corto al minimo sforzo, vertigini, spesso anche nausea e vomito…

Ma per proteggersene basta saperlo ed essere cauti: cercare di dormire il più possibile già in aereo, poi muoversi lentamente , non fare sforzi, riposarsi moltissimo i primissimi giorni, mangiare leggero, bere molta acqua e assolutamente niente alcol, non esitare a bere il mate de coca (in assoluto il miglior toccasana contro il soroche!!), e lasciare al corpo il tempo di acclimatarsi. In 2-3 giorni ci si è già normalizzati, e dopo 15 si è perfettamente iperglobulinici (aumenta spontaneamente il nostro numero di globuli rossi, e dell’emoglobina ricettrice di ossigeno), e non si hanno più grossi problemi.

I nativi comunque applicano la formula del triplo divieto: comer poquito, beber matecito y… dormir solito! (mangiare poco, bere il mate, dormire soli).

I francesi invece di solito prendono un farmaco a base di acetazolamide in genere prescritto per l’epilessia, ma che empiricamente ha dato ottimi risultati contro il mal d’altura

Quando si lascia quelle altitudini  per scendere più in basso (o rientrare in Europa), ci si sente in gran forma: l’iperglobulinemia dà un’energia straordinaria, si è veramente pimpanti e instancabili! Ma al ritorno, anche dopo un’assenza di pochissimi giorni, bisogna mettere in conto un giorno o due di disagio e di stanchezza estrema…

In ogni caso, durante i lunghi soggiorni, si riesce a vivere una vita più o meno normale, a fare sport, camminare, correre e lavorare quasi normalmente.Quasi perché ci si stanca comunque prima che al livello del mare, si fatica sempre un po’ a fare le scale o a sottoporsi a sforzi intensi – e poi si dorme piuttosto male e si digerisce poco, a causa dell’ipossia.

Altra cosa: in altitudine si è sempre a rischio di disidratazione, e  il clima è davvero secchissimo (anche la pelle ne soffre orribilmente!) quindi bisogna davvero prendere l’abitudine di bere spesso

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Le tappe – chiaramente passibili di modifiche – sono state  stilate in base al raggiungimento, ove possibile, di una città o luogo relativamente abitato, ma la loro lunghezza  non dipende esclusivamente dalla possibilità di trovare cibo e alloggio a fine tappa
Saremo attrezzati , quando necessario, per dormire e mangiare per strada, esattamente come per la Patagonia e  lo faremo ogni volta che sarà necessario, senza ammazzarci di fatica facendo tapponi apocalittici all’inseguimento di una doccia , perchè anche questo fa parte dell’avventura

 

 

Nel lungo cammino sulla Ruta40 incontreremo  tratti magari un po noiosi ,  di deserto monotono, piatto, tutto asfaltato,monocolore, oppure tratti urbanizzati con molto traffico, oppure ancora tratti oggettivamente con un paesaggio poco bello

Tuttavia, in un Cicloviaggio sono parte fondamentale dell’esperienza anche le tratte insulse o quelle trafficate. I posti anonimi sono quelli che ricorderemo meglio e i paesaggi monotoni ci resteranno impressi indelebilmente, le camerette fredde e spoglie ci strapperanno un sorriso anche dopo lustri

Questo cicloviaggio ha come scopo quello di terminare una strada famosa, direi mitica, su cui alcuni di noi ha pedalato in precedenza. L’obiettivo, dunque, è quello di raggiungere tale meta

La partecipazione al Cicloviaggio prevede almeno un’accettazione di base sul suo scopo principale e parte dal presupposto che,  questo viaggio fosse, in buona parte, il completamento di quello precedente

Questa è la ragione per cui nonostante si possa ragionevolmente pensare di aggirare o saltare questi tratti l’intenzione è quella di seguire , per quanto possibile, interamente la Ruta40

Ebbene si ! vogliamo  completare la Ruta 40 e poter dire “l’abbiamo fatta tutta” anche a costo di qualche compromesso

Anche la meta finale ha una sua spiegazione non solo di convenienza logistica ma puramente romantica: ci piaceva l’idea di arrivare da dove eravamo partiti nel 2010

Nella prima parte del Cicloviaggio le condizioni climatiche saranno alquanto dure, in specie per la notevole escursione termica che affronteremo. Tra giorno e notte potranno anche esserci 15/20 gradi di differenza e anche negli alloggi meno spartani spesso non troveremo riscaldamento (se si esclude la immancabile stufa).

 

I fattori tempo e spazio (leggasi i km da percorrere) sono talmente stringenti che sarà difficile evitare di pedalare tutto il santo giorno e ben poco tempo resterà per visite extra percorso (sempre possibili per scelta autonoma o se il tempo lo consentisse).  il Ciloviaggio quindi  ha un solo preciso limite, ossia quello di seguire la Ruta40, proprio perché la finalità è quella di completarne l’estensione.

 

Inoltre, non possiamo sottovalutare l’altitudine e non esiste modo di sapere come ciascuno potrà trovarsi quando oltrepasseremo i 3.500 metri.

 

 

 

Lo sterrato, poi presenta ondulazioni permanenti , le famigerate calaminas e spesso la pedalata è praticabile solo su spazi ridotti ai minimi termini. Non dovrebbe esserci l’impetuoso vento che si incontra andando a sud di Bariloche, ma non sarà uno scherzo neppure quello che incontreremo.